mercoledì 9 novembre 2011





Lezione del 22.11.73 - Dali
Per farci intendere meglio la verità delle varianti in questa lezione Dali parla di una realtà fisica generale e delle varianti come se fossero eventi sognati solo da chi si immedesima nella variante alla storia generale. Supponiamo cioè che in questa serata uno di noi avesse avuto la libertà di venire qui o di andare al cinema: nei fotogrammi della serata il corpo fisico di colui che ha questa libertà è rappresentato sia in una serie che nell'altra: ammettiamo che la storia generale sia quella che lo vede rappresentato partecipante a questa riunione: quando la sua consapevolezza si unirà ai fotogrammi di questa serata, se egli sceglierà di andare al cinema, quella variante possiamo paragonarla ad un suo sogno, ad una sua realtà onirica, vissuta e sentita solo da lui.

Forse così enunciata la verità delle varianti è più comprensibile, ma importante è capire che non esiste una realtà fisica e una realtà onirica: le molteplici storie sono vere e reali tutte nello stesso modo. Ai fini della realtà sia fisica, sia assoluta, sia relativa, i vari rami sono di un identica realtà, hanno una identica validità: è solo per il "sentire" dei veicoli inferiori dell'individuo che si lega con la sua consapevolezza all'una o all'altra serie, che esiste una differenza.

E' importante comprendere queste verità, poiché i nostri Maestri desiderano portarci avanti, desiderano parlarci di cose nuove e noi dobbiamo fare lo sforzo di capire quello che è stato detto fino ad ora, per non trovarci in difficoltà di fronte alle verità successive.

Dobbiamo comprendere che il piano fisico a cui diamo tanta importanza, non è una realtà fisica come fino ad oggi abbiamo inteso.

(Kempis)
Lo stesso nostro corpo fisico che noi vediamo e percepiamo come una entità materiale, se meditiamo sulla verità dei fotogrammi, giungiamo a capire che non esiste come un ente a sé che nasce, cresce, vive, evolve e muore, ma è frazionato in una miriade di fotografie, di situazioni, che lo contemplano dalla nascita alla morte. Cioè il nostro corpo fisico è un veicolo che ci fa percepire delle sensazioni, che ci pone in contatto con il piano fisico, ma che non è identificabile con noi stessi. Rifacendoci ad una immagine cara agli orientali, questo corpo altro non è che un vestito e se io fuoriesco da questo corpo, le mie sensazioni cesseranno perché io interrompo il collegamento fra il centro di sentire che io sono e lo strumento che, con i suoi sensi, mi fa percepire le situazioni inerenti al piano fisico.

Lezione del 6.12.1973 - Dali
Situazioni che sono rappresentate nei fotogrammi del piano fisico, e che compongono la storia cosmica: la storia cosmica non ha una sua unicità, in qualche modo oggettiva, anche con l'o minuscolo, secondo come noi siamo abituati a considerarla con i nostri sensi fisici, ma esistono tante realtà tanti mondi individuali quanti sono gli individui: il mondo quale l'individuo lo percepisce, esiste in quel modo solo per lui (Kempis 7.3.74). Questi mondi individuali si intersecano e nei punti d'intersecazione vi sono gli elementi comuni, quegli elementi che danno l'illusione che esista un mondo fisico con una sua concretezza. Concretezza che in realtà - anche realtà con la erre maiuscola - non esiste per niente.

Lezione del 20.12.1973 - Dali
Noi siamo ancora attaccati alla convinzione che questa realtà fisica sia qualcosa di esistente oggettivamente che oggettivamente esista il tempo e lo spazio, che ciò che è comune nell'osservazione a più persone, sia oggettivo e che la soggettività nel piano fisico sia confinata solo in quelle piccole diversità che possono dipendere dai diversi punti di vista, ma che in sostanza la realtà fisica sia qualcosa di ben definito, di oggettivamente esistente.

Ma i nostri maestri vogliono condurci a vedere la realtà come qualcosa di diverso da quello che fino ad ora abbiamo supposto: a vedere la realtà da un diverso punto di vista. La comunicazione fra il mondo degli incarnati e il mondo dei disincarnati, per essere all'altezza del miracolo che rappresenta, deve dare qualcosa al mondo degli uomini, qualcosa che superi ogni insegnamento umano, che vada al di là di ciò che i buoni predicatori delle Chiese possono
dire, di ciò che gli ottimi filosofi del passato o del presente possono enunciare, di ciò che la scienza ha scoperto fin qui, anche se la realtà è una meta che ciascuno raggiunge da solo, individualmente.

(Kempis)
Dopo averci fatto riflettere sul fatto che non dobbiamo identificarsi con il nostro corpo fisico, il Maestro Kempis richiama la nostra attenzione sul corpo astrale, sul veicolo più sottile che ci comunica le emozioni, le sensazioni di paura, di sofferenza, di ansia, di calma, di piacere: anche il corpo astrale, come il piano astrale, è scomposto in fotogrammi, non esiste come un ente a sè e le emozioni o sensazioni sono avvertite dall'individuo quando si trova in quella situazione contingente per cui il veicolo detto corpo astrale, gliele rivela. Se noi riuscissimo a fare le meditazioni che i nostri Maestri ci suggeriscono, cioè "io non sono il mio corpo fisico, tanto che io potrei uscirne e rimanere sempre io; io non sono il mio corpo astrale, poiché io potrei esistere anche al di là delle sensazioni ci accorgeremmo che piano piano questo "io" si ritrae e diventa sempre meno importante. Senza le sensazioni e le emozioni che cosa rimane dell'individuo? Rimane ciò che lo pone al di sopra di tutto il creato, che lo nobilita, che lo fa uomo:rimane il "pensiero".

L'individuo è dunque identificabile con il pensiero?

Lezione del 10.1.1974 - Kempis
Secondo la verità dei fotogrammi, anche il piano mentale, dove ha sede il pensiero, ed il corpo mentale, che fa percepire le situazioni inerenti al piano mentale, sono costituiti da fotogrammi e l'individuo non è il pensiero, ma il "pensatore".

Allora, se togliamo il corpo fisico con le sue sensazioni, il corpo astrale con le sue emozioni, il corpo mentale con i suoi pensieri, che cosa rimane dell'individuo? Rimane il "sentire della sua coscienza" il sentire che fa parte della radice più profonda dell'individuo, il sentire che rimane anche nell'alternarsi dei cicli delle vite e delle morti: un "sentire" che non fa parte dei piani più grossolani di esistenza.

Ricordando la filosofia Yoga, Kempis ci fa notare il sistema dello Hata-Yoga che sposta la concezione dell'io ad un "io superiore". Dicendo "io non sono la bassezza del mio corpo fisico, nè l'infimo grado dei miei desideri, nè la miscela dei miei pensieri, ma il mio "io" risiede in piani ben più alti" noi non facciamo altro che sublimare il nostro "io", facciamo una meditazione auto-suggestione.

Tenendo invece presente che i nostri corpi (fisico, astrale e mentale), non esistono in realtà, ma che sono un insieme di fotogrammi del piano fisico astrale e mentale, possiamo capire meglio che l'io non è altro che una percezione illusoria.

Lezione del 24.1.1974 - Kempis
Ecco che esaminando insieme ai nostri Maestri la costituzione dei piani di esistenza, siamo giunti ora al piano akasico, che sappiamo essere diversamente costituito dal piano fisico, astrale e mentale. Infatti, mentre questi piani più densi sono composti da fotogrammi, il piano akasico è costituito da un insieme di teorie di sentire individuali che vanno da un "sentire" detto in "potenza" sino ad un "sentire" definito in "atto"

Così il veicolo akasico di ogni individuo è composto proprio da queste gamme di "sentire" che le nostre Guide hanno paragonato ad una collana di perle, in cui ogni perla è un "sentire" sempre più complesso che si rivela man mano che l'individuo procede nella sua evoluzione.

Ognuno di noi ha la sua collana di "sentire individuale", collana che fuoriesce da una sola incarnazione, che dura tutta
l'esistenza dell'individualità, per poi trasformarsi in "sentire Assoluto".

Ebbene, se tutte queste collane, per una raffigurazione mentale, le mettiamo assieme, vediamo che sono analoghe, non solo, ma se una unità di scorrere c'è - sia pure illusoria data la natura stessa del sentire individuale - questa illusione si svolge simultaneamente fra i vari "sentire": ogni unità di percezione, che viene colta una sola volta nell'eternità senza tempo, vibra analogamente con tutti i suoi simili.

Così il sentire individuale che corrisponde alla vita del selvaggio, si rivelerà, esisterà, verrà in luce in quell'attimo dell'eternità senza tempo per tutti gli individui contemporaneamente, sia che i corpi fisici di quegli individui con un sentire così semplice siano rappresentati nello spazio-tempo all'inizio del Cosmo, sia verso la fine.

Poi sarà il "sentire" più intenso successivo a quella fase di esistenza, per ognuno via via più complesso, più raffinato.
Dunque nemmeno nel piano akasico troviamo l'"io", ma troviamo unicamente dei "sentire" percepiti uno alla volta si da dare l'illusione di uno scorrere, di un prima e di un dopo, ma che in effetti sono li da sempre e per sempre.

Non esiste un ente percepente nel piano akasico, ma la natura limitata, chiusa di ogni "sentire" che si rivela fase per fase, crea questa successione che non ha durata di tempo.

Lezione del 7.2.1974 - Kempis
Con la spiegazione dei fotogrammi noi abbiamo compreso che il corpo fisico non esiste come noi lo vediamo e percepiamo, ma è raffigurato in una infinità di situazioni, di mutazioni, di rappresentazioni: questo insieme diventa "uno" per virtù del corpo mentale dell'individuo, il quale a sua volta non è una unità, ma è un insieme di fotogrammi. Il corpo mentale è ciò che crea l'illusione dell'io, ma questo insieme di fotogrammi fisici, astrali e mentali non potrebbero dare l'illusione di unità se non ci fosse un "centro di sensibilità, un centro di sentire".

Il "centro di sentire" è l'individuo nel suo insieme ed è così suddiviso: da una parte i corpi fisico, astrale e mentale:dall'altra il corpo akasico e gli altri veicoli spirituali. Nella parte che si affaccia sui fotogrammi del piano mentale, astrale e fisico esiste questo ente percepente che, immergendosi nelle situazioni rappresentate nei fotogrammi stessi, dà una forma di sentire all'individuo.

Ma se andiamo oltre questi piani più densi di esistenza troviamo il veicolo akasico che non è più un ente percepente, ma è un "sentire" in sè che partecipa della natura dell'Assoluto, che non ha bisogno di una situazione da percepire per rivelarsi. E' un aspetto, sia pure ancora umanizzato, dell'Assoluto nell'uomo: al di sopra aspetti sempre più raffinati e più aderenti alla reale natura dell'Assoluto: "la Scintilla Divina".

Ecco così ancora una volta sottolineato il fatto che nell'individuo esistono due tipi di "sentire"; il "sentire di sensazione" che è trasmesso al centro di sensibilità dai corpi fisici, astrali e mentali, ed il "sentire" della coscienza o del corpo akasico che è composto da tutta una gamma di "sentire" più intimi, più profondi, dal più semplice al più complesso. (Naturalmente la fase del "sentire" più complesso comprende in sé la fase del più semplice).

Le esperienze di vita vissuta con sensazioni e pensieri nei piani fisico, astrale e mentale conducono l'individuo alla manifestazione di un "sentire di coscienza" sempre più complesso: l'evoluzione della coscienza individuale è eguale per tutti gli individui, lo svolgimento delle collane del "sentire" di coscienza è uguale per tutti, non ha tempo di durata e non è paragonabile all'illusione del tempo, non ha varianti.

Ma se scendiamo alla percezione dei fotogrammi più densi delle nostre vite di uomini, l'evoluzione non è eguale per tutti e le varianti esistono: la metà può essere raggiunta o seguendo la vita naturale delle molteplici esperienze dirette, o seguendo le altre vie che vedono l'individuo impegnato con tutti i suoi veicoli inferiori a raggiungere la consapevolezza di se stesso.

Lezione 7.3.1974 - Kempìs
Anche se le perle dei "sentire individuali" esistono da sempre e per sempre nell'individuo, esse si rivelano, vibrano, si manifestano in quell'attimo in cui la percezione individuale del mondo dei fotogrammi si ripercuote tanto profondamente e sentitamente da costituire una esperienza e da raggiungere la coscienza. Sappiamo dalle lezioni degli anni precedenti che quando l'individuo ha interamente costituita la sua coscienza individuale, egli abbandona la ruota delle nascite e delle morti e la sua evoluzione si svolge ora nel piano akasico; il fluire del sentire avviene spontaneamente, senza necessità di percezioni nei piani più densi del Cosmo.

Tutte le perle del sentire individuali vibrano ora all'unisono (non solo simultaneamente, ma in comunione) raggiungendo prima un "sentire universale" e quindi "cosmico". In questa comunione si trovano non solo tutte le percezioni degli individui che fummo nelle varie incarnazioni; ma di tutti gli individui esistenti nel Cosmo. Significa vivere la totalità delle esperienze individuali ad un dato livello di sentire, poi a quello successivo ancora, non più attraverso alla percezione individuale, ma attraverso al sentire totale degli individui.

Questo è il "sentire" del piano akasico dove esiste ancora una successione, oltre è il "sentire" dell'individualità, cioè il percepire tutti insieme questi sentire individuali, senza successione.

Le "individualità" hanno un terminale oltre il Cosmo, cioè nella Scintilla Divina, che i nostri Maestri hanno definito "virtuale frazionamento dell'Assoluto". Virtuale, non reale, poiché non è concepibile che l'insieme dell'individualità, queste collane di "sentire individuali" percepiti tutti simultaneamente abbiano ciascuno un frammento di divinità. E' un frazionamento dell'Assoluto che non può essere che illusorio.

Visualizzando l'insieme delle individualità, possiamo dire che la Scintilla Divina è un sole i cui raggi sono appunto le individualità: così troviamo un punto di confluenza di tutti gli esseri esistenti in un Cosmo, un punto di esistenza che è il virtuale frazionamento dell'Assoluto, che è quindi l'Assoluto. Proprio come l'immagine delle anime gruppo: tanti corpi che fanno capo ad un individuo; tante collane di "sentire" che si imperniano tutte su di un punto unico; il virtuale
frazionamento dell'Assoluto.

Con quale coraggio possiamo allora guardarci senza comprensione l’un l’altro, come sentirci estranei quando ciascuno di noi non fa che rappresentare un'esperienza, una variante di quella infinita esistenza che si chiama l'Assoluto?

       

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